Era il primo giorno di lavoro

Era il primo giorno di lavoro

Era il primo giorno di lavoro, era preoccupato, aveva tanta paura, tremava, non voleva farlo. L’ha fatto solo per sentirsi più grande per non farsi prendere in giro.
Sapeva che non gli portava niente di buono, pensava al dispiacere che poteva dare a sua madre, ma non so perché si è fatto convincere a prendere questa strada, forse per il carattere debole o semplicemente perché era condizionato dalle sue brutte amicizie.
Loro lo stavano rovinando solamente con le parole, ferendolo senza farci caso.
Facendolo arrivare al punto di sentirsi insicuro di se stesso e facendogli credere di non essere alla loro altezza.
Questa è la storia di un ragazzo che non amava molto andare a scuola perché pensava che la scuola non fosse importante per il suo futuro, e soprattutto per trovare un buon lavoro. Così passava le sue giornate a letto a dormire, a guardare la tv, a giocare al computer.
Nel pomeriggio usciva con gli amici. Amici che non avevano speranze per il futuro e facevano la malavita.
Per sentirsi uno di loro e integrarsi bene nel gruppo si fece convincere a fare cose che non doveva.
Iniziò a “spacciare”. Non occorreva fare nessuno sforzo, bastava stare immobili all’angolo della strada, guardare se arrivava qualcuno e si guadagnavano 100 euro a giorno.
Disse di farlo un po’ anche per lui per avere dei soldi in tasca, per offrire il gelato alla sua ragazza. Era l’unico modo non trovando un lavoro serio a causa anche della crisi.
Un ragazzo sensibile con un cuore d’oro: lui è molto più di quello che sembra. È semplicemente un ragazzo che ha voglia di vivere appieno la sua vita, divertendosi e portando allegria ovunque. Dai suoi occhi si nota la bontà, dal suo sorriso la tenerezza.
La verità è che non l’avrebbe mai fatto se non fosse nato e cresciuto in un posto dove c’è molta ignoranza e manca la responsabilità.
Stava per prenderci gusto, guadagnava molti soldi senza fare nulla, faceva la bella vita senza che i suoi genitori si accorgessero di questa cosa. Io già lo conoscevo ma non lo frequentavo, perché io non do confidenza a queste persone. Quando lo guardavo mi chiedevo se era davvero così forte come faceva credere, ma l’apparenza inganna, era tutt’altra cosa, stava diventando ciò che in realtà non voleva, per colpa del suo cammino e delle sue brutte scelte magari prese di fretta e senza pensarci. Ma tanto lo doveva fare per forza, era costretto, altrimenti non sarebbe stato accettato dagli altri, lo rifiutavano, lo abbandonavano, perché chi non spaccia è scemo e non solo non è nemmeno un ragazzo in gamba. Questo è quello che pensano i ragazzi dei ragazzi che non spacciano o che hanno un carattere debole.
Si sa prima o poi tutto viene a galla e la madre venne a sapere ciò che il figlio faceva in quel cortile, dove tutti quelli che ci vivono pensano che quel piccolo buco ci sia tutto il mondo solamente perché
hanno gli occhi chiusi e non sanno guardare oltre. Crescono e muoiono dove nascono senza liberarsi un po’ da questa brutta realtà perché già da piccoli credono che avendo soldi facili hanno tutto, fin quando però non si viene presi e chiusi per sempre tra quattro mura.
Da quel momento le cose cominciarono ad andargli male, il dispiacere di sua madre fu pesante per lui. Non voleva farla soffrire: fu un dolore insopportabile vedere le lacrime che versa una mamma per il proprio figlio. Una mamma si preoccupa perché vuole il meglio per i figli. È qualcosa che fa venire i brividi solo al pensiero.
Così si fermò un attimo e iniziò a riflettere, finalmente prese la decisione, stavolta quella giusta. Si ritirò dicendo agli altri che i genitori non erano d’accordo che lui spacciasse.
Piano piano si allontanò del tutto da questi amici, adesso è più grande, più responsabile, lavora onestamente e frequenta ragazzi come lui, come è sempre stato lui ma che forse non sapeva nemmeno, e già non sapeva di essere ricco, ricco d’amore e di bontà
Ha imparato una cosa da questa esperienza: che è meglio vivere la vita con i propri pensieri e non farsi condizionare per nessun motivo da gli altri.
Questa è la fine che fanno i ragazzi di Palermo quando odiano la scuola e crescono nei quartieri più brutti di Palermo ,sono davvero in pochi quelli che non si fanno trascinare dagli amici anche perché per alcuni è abitudine e cosa normale.