Donne e aborto: un percorso a ostacoli
Nel contesto greco-romano la pratica dell’aborto era largamente diffusa fra le donne di tutte le classi sociali, moralmente accettata e lecita. Si pensava che la vita iniziasse al momento della nascita e la pratica era permessa col beneplacito del marito.
La prima testimonianza scritta sull’aborto risale al 1550 a.C.. Molte donne in quegli anni sono state uccise per aver agito contro il volere del marito. Si parla inoltre delle tecniche frequentemente utilizzate come per esempio un massaggio che consisteva in una forte pressione sull’addome o un trattamento con erbe e strumenti taglienti.
Con lo sviluppo della scienza medica e della prevenzione nella società moderna si sentirà parlare più frequentemente di diritti sociali, dei diritti della donna e del tema dell’interruzione di gravidanza che divenne sempre di più un argomento di dibattito, in particolare nei paesi occidentali.
L’Unione Sovietica, l’Islanda e la Svezia sono stati tra i primi paesi a legalizzare varie tipologie di aborto ma solo il 22 maggio del 1978 con la legge n.194 le donne in Italia riescono finalmente a ottenere la legge sull’aborto.
Ancora oggi molte persone si scagliano contro questa pratica – soprattutto i religiosi più accaniti – considerandola un omicidio, indipendentemente dallo stato di avanzamento della gravidanza. Anche se, in teoria, una donna è tutelata sulla carta, in realtà molti medici sono obiettori di coscienza. Per questo motivo la libertà è limitata anche mettendo a repentaglio la vita delle donne e negando l’accesso alle cure terapeutiche, previste e garantite dalla Costituzione.
La scelta di una donna di voler abortire è un vero e proprio percorso ad ostacoli: Le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente. Hanno sempre dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale. Le donne sono la colonna vertebrale della società. (Rita Levi Montalcini)
È chiaro quanto una donna debba lottare al giorno d’oggi per i propri diritti o semplicemente per la propria volontà, contrapposta molto spesso all’opinione pubblica. Durante il periodo delle manifestazioni femministe degli anni Novanta addirittura si pensava che venire al mondo fosse un rischio soprattutto se si era donna.
Recentemente in Argentina – un paese in cui ancora la libertà di abortire viene negata – è stata resa nota la notizia di una bambina undicenne violentata dal compagno della nonna alla quale è stato impedito di interrompere la gravidanza. O ancora, a Rio de Janeiro, una bambina affetta da handicap è stata stuprata e costretta a portare avanti la gravidanza. E si potrebbero elencare all’infinito queste terribili notizie che ormai sentiamo ogni giorno.
In questi casi, e non solo, l’aborto è un diritto fondamentale della donna. Non siamo animali, ognuno di noi è dotato di ragione e può decidere autonomamente della propria vita soprattutto perché il voler portare avanti una gravidanza è un impegno enorme. Prima di poter avere un figlio bisogna pensare se si può fare di tutto per garantirgli una vita serena e in tranquillità; se questa situazione viene a mancare l’aborto è la scelta più saggia poiché si deve pensare in primis al futuro che vogliamo per noi e per il bambino.