Un’agrodolce nota d’addio

Un’agrodolce nota d’addio

La traduzione della lettera di Gabriela Pereira a cura di Fabio Rizzo  Desidero prima di tutto  ringraziare Massimiliano Greco dall’associazione Informagiovani e Daniela Bellomonte dal Centro Tau per il loro prezioso aiuto e la loro guida professionale durante questo progetto.

La Sicilia ha una lunga tradizione per quanto riguarda l’accogliere i forestieri. È il luogo simbolo della miscelazione culturale e ciò è ampiamente visibile nelle persone che la abitano, nel loro dialetto, nella loro arte e anche in cucina. È stato questo pensiero che mi ha concesso di imbarcarmi in quest’avventura senza nessun timore: sarei anche potuta essere la nuova arrivata ma sapevo sin dall’inizio che sarei stata accettata in questo gruppo di persone che, essendo tutte diverse, sembrano allo stesso tempo tutte uguali.

L’amore che gli abitanti provano per questa città è visibile sin dalle prime ore del mattino grazie all’orgoglio che ristagna in ogni angolo dell’isola. Ovunque il tuo occhio cada riesci a trovare un segno lasciato dal passato di questo posto; le architetture, che sono un miscuglio dell’arte medio-orientale e dell’ostentazione del rinascimento, sono sparpagliate per tutte le vie della città; i mercati di frutta che decorano le vecchie viuzze e le iconografie di Santa Rosalia che adornano la città e le case della popolazione – che esce durante le notti estive per portare omaggio alla loro patrona cittadina – e donano alla città di Palermo un’atmosfera che è impossibile da ricreare.

 

Sono arrivata a Luglio, nel bel mezzo di un’ondata di calore: ricordo quel giorno come se fosse ieri: non ero pronta al tepore che mi ha colpito nell’esatto istante nel quale le porte dell’aereo si sono aperte e, da Portoghese quale sono, è stata una vera sorpresa per me. La vista che ho potuto assaporare dall’aeroporto era abbastanza magica da farmi dimenticare per qualche minuto il dolore alle tempie che mi era venuto alle 8 del mattino e a farmi ignorare l’imminente colpo al cuore che la vista della città mi avrebbe fatto venire.

Le seguenti settimane erano un mix di adattamento alla cultura, il capire in che modo ordinare il caffè nella solita maniera in cui lo prendo (e sorpresa, non ci sono mai riuscita) e l’immagine come sarebbero stati i mesi a venire.
Palermo vanta un vasto catalogo di attività culturali e cibo che ti impiega un lungo periodo solo per essere provato a pieno. I musei mi hanno offerto l’opportunità di vedere arte risalente dagli antichi greci fino agli artisti contemporanei di oggi che nelle loro opere esprimono la voglia di farsi accettare e l’esclusività delle forme; Mondello invece è stato il paradiso tropicale di cui non riuscivo a stancarmi, anche durante l’inverno, ed il Mar Tirreno è stato un compagno grandioso durante le giornate di caldo eccessivo.

Parlando di altro, non è che io sia venuta fino in Sicilia per fare la turista! Il mio compito era quello di fare volontariato presso il Centro Tau, un luogo che si trova nel cuore del quartiere Zisa. La prima volta che vidi il posto nel quale avrei dovuto lavorare sono caduta nella trappola nella quale ogni turista cade: all’inizio riuscivo a vedere solo la puzzolente spazzatura sui marciapiedi, la disorganizzazione stradale, la frutta lasciata a marcire sotto il picco del sole e la gente che urlava per strada senza un apparente motivo.

È stato solo dopo qualche mese lì che ho superato i pregiudizi iniziali e ho visto ciò che la Zisa è realmente; piena di vita, dinamica e vibrante con tanti giovani pieni di potenzialità. Anche la gente che bazzica per strada ha un’importante posizione culturale, senza di loro Palermo non sarebbe il miscuglio di culture che è. Lo stigma della mafia, che si nasconde ancora dietro ogni angolo insieme alla povertà, non è mai riuscito a fermare il lavoro del Centro Tau che si batte per dare ai ragazzi la possibilità di studiare inglese, di fare Work-shop per la Peer-Education, di dare loro un’infarinatura di Auto-Difesa e tanto altro: grazie a queste attività stanno regalando alla gente del quartiere la possibilità di migliorare le loro vite e di aumentare il loro senso civico.

Centro TAU3

Il mio lavoro di volontariato al Centro Tau consisteva nell’assistere gli educatori e gli altri volontari con i loro incarichi, per esempio il dare lezioni di inglese a ragazzi carenti di metodo formativo, organizzare workshop sui media e aiutare i bambini con i loro compiti per casa.

Posso dire di avere imparato un sacco sull’empatia, sul Project management, sul lavoro di squadra e l’adattabilità. Ho capito quanto i bambini possano essere aperti e gentili; mi sono sempre sentita felice quando i bambini mi salutavano con un sorriso o con parole amorevoli, che sono state le stesse espressioni che mi hanno aiutato a rendere il mio vocabolario più ricco.

Ma, come è facilmente intuibile, ci sono stati tempi difficili anche per me. Giorni nei quali la mia patria sembrava troppo lontana e il non poter parlare con tutte le persone che volevo a causa del mio italiano poco fluente; la nostalgia non è da meno di altre malattie. Ti fanno male la testa e la pancia quando la provi ma a differenza di altro non ha rimedi, anche se sono riuscita a gestirla con lunghe chiamate Skype, amici pronti ad ascoltarmi e oggetti che i miei genitori mi mandavano ogni tanto.

Fare Volontariato non è solamente un servizio alla comunità ma è anche costruirsi individualmente e capire il potere che sta dietro alla vulnerabilità. C’è del buono da trovare anche nei periodi più bui, una lezione che si può imparare solo dal silenzio di abitare da soli e la confidenza in se stessi che si può creare solo tramite il dubbio. Me ne sono andata con una nuova visione della realtà, regalatami da ogni singola persona con la quale io abbia lavorato, vissuto e trascorso incredibili giornate. Le persone che ho conosciuto lungo la mia strada (nonostante il breve tempo passato insieme) faranno parte delle pietre milizie che ho racimolato quest’anno regalando loro la mia semplice compagnia ed attenzione.

Dopotutto, ho avuto una bellissima esperienza vivendo in Italia. Ho concesso a me stessa di aprire i miei orizzonti grazie a questa opportunità; spero un giorno di tornare a Palermo: non è facile liberarsi di me!

Arrivederci